Reperti Archeologici

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Nel corso dei lavori di restauro della Cattedrale, nel 1986 si è iniziato a scavare nel grande ambiente sotterraneo al di sotto del transetto della Cattedrale barocca. Appena rimosso il pavimento sono venuti alla luce i resti di una cripta inquadrabili nell’ambito dell’architettura romanica matura e collegabili ad una importante chiesa a pianta basilicale, coperta a capriate, sotto il cui transetto era localizzata una cripta a navatelle, con volte a crociera. E’ stato possibile dimostrare che la cripta ritrovata apparteneva alla Cattedrale costruita dal vescovo Romualdo nel 1107. Come una costruzione fantastica, la cripta ha conservato sotto di sé resti di architetture di epoche precedenti: tombe di epoca altomedievale, ellenistica e messapica, sovrapposte a resti di insediamenti dell’età del bronzo. Appare, dunque, particolarmente suggestivo l’ininterrotto utilizzo a fini sacri, per almeno 2400 anni, di una zona abitata già dalla preistoria.

I REPERTI

La cripta della Cattedrale romanica è un luogo straordinario: nel suo interno è visibile il tempo, tutto è sacro. Appare, dopo un sapiente restauro, intatta nel suo fascino, misteriosa, carica di memorie.
Rivivono oggi in essa, collocati non in ordine convenzionale ma secondo una logica interiore ed emotiva, preziosi resti scultorei e decorativi romanici, gotici, rinascimentali appartenuti all’antico tempio di Romualdo demolito nel 1742.
Fra le testimonianze di una cattedrale recuperata: il frammento di pluteo, elegante lastra di marmo bianco con i motivi della croce e di un grande fiore all’interno dei suoi riquadri. Era nelle antiche Basiliche, elemento compositivo della recinzione, che circondava l’altare e separava il presbiterio dalla navata centrale.
Il grande, essenziale battistero romanico: la sua forma ottagonale ci spiega che per il Cristianesimo il numero 8 assume valore di simbolo di coloro che vennero salvati nell’Arca.
Abbandonandosi nella profondità del tempo si riesce a vedere i delicati intrecci marmorei dell’archivolto della Cattedrale di Romualdo brillare alla luce di lontane primavere medioevali.
I bellissimi capitelli romanici, superbamente scolpiti, specialmente quello con San Daniele benedicente tra i leoni.

L’architrave del XII secolo, splendida scultura di eccezionale forza espressiva e drammatica, che è fra le opere d’arte più preziose di Monopoli. L’architrave narra la morte e la resurrezione di Cristo per la salvezza degli uomini. Il racconto è scandito in cinque riquadri animati da simboli, personaggi, figure del Nuovo e Vecchio Testamento, profeti, angeli e santi. All’inizio la visione profetica di quanto accadrà. Poi la mirabile scena in cui Cristo viene tolto dalla croce. Gli sono accanto Giuseppe d’Arimatea che amorevolmente lo sorregge, S. Giovanni e un soldato romano nell’atto di liberargli la mano ancora inchiodata. L’altra mano, con un gesto tenerissimo e straziante, è raccolta dalla Vergine. In alto la dolce figura di un angelo con turibolo ed i simboli della luna e del sole. Nel riquadro centrale le donne sono accanto al Sepolcro. I soldati posti a guardia, sono rappresentati minuscoli, addormentati, ignari dell’evento prodigioso che si è compiuto. Un angelo seduto sull’arca ormai vuota, annuncia che Cristo è risorto. Nella scena successiva Cristo scende negli inferi e ne risale vittorioso portando dietro di sé tutte le anime che anelano alla gloria. Ai suoi piedi le superbe porte rimpicciolite ed infrante. Satana è in un angolo, incatenato e sconfitto. In ultimo, simbolo del peccato, una figura femminile tra i serpenti.

Una donna nuda, variamente interpretata dagli studiosi, di volta in volta come rappresentazione generica del Peccato, Eva o l’Eresia, è avvinta da serpenti che, giungendo dall’attigua scena infernale, le mordono i seni, un occhio ed un orecchio, evidente allusione ai sensi.

L’episodio, tratto dai Vangeli Apocrifi, racconta della discesa di Cristo al Limbo per salvare le anime di coloro che vissero prima della Sua venuta e quindi non poterono ricevere il battesimo. E’ la scena più vivace e dinamica dell’opera. Cristo, sfondate le porte dell’Inferno, tra le fiamme guida le anime alla salvezza. Dietro di lui si affastella una folla di personaggi: il primo, Adamo, è inginocchiato, segue Eva nelle vesti di matrona, poi una serie di anime tra cui uomini, donne e bambini. Spicca un personaggio con barba e copricapo: Salomone. Satana incatenato tenta invano di trattenere le anime, mentre sotto di lui si avviluppano le spire di un animale infernale, che oltrepassano la cornice del riquadro per invadere la scena successiva.

La Resurrezione diviene episodio cardine del ciclo della Salvezza, emblematicamente posto al centro dell’architrave. A destra le tre donne si dirigono verso un minuscolo sepolcro vuoto, coperto da una cupola orientaleggiante. L’angelo, annunciando la Resurrezione, indica il sepolcro, mentre una colomba cala dall’alto e tre soldatini con cotta ed elmo normanno dormono tranquilli ai piedi della scena. Una delle porte dell’inferno, rovesciata sotto i piedi dell’angelo, introduce alla scena dell’anastasis.

E’ questa la scena più drammatica dell’opera. Il corpo di Cristo, dal nimbo crucigero, è sorretto alle sue spalle da Giuseppe d’Arimatea, mente un altro uomo, col volto empiricamente proteso verso l’alto, tenta con una tenaglia di schiodare la mano sinistra dalla croce. La mano destra, già schiodata, è invece sorretta dalla Vergine che amorevolmente se l’avvicina al volto. San Giovanni assiste all’evento con volto patito e nostalgico. In alto campeggiano i simboli del Sole e della Luna (la vita e la morte). Sulla luna, a falce rivolta all’insù, posa una figurina dalla lunga veste, tradizionalmente Maria Vergine (simbolo del matrimonio mistico tra Cristo, il Sole, e Maria, la Luna). Un angelo in volo col turibolo fa da connessione con la scena centrale.

L’interpretazione della scena di destra è tuttora controversa. Si riconoscono due uomini: quello in primo piano, seduto, dalla lunga barba scomposta, scrive su un rotolo impugnando calamo e raschietto; il secondo, con copricapo a due punte e barba più curata, indica il primo. C’è chi identifica la prima figura con un generico profeta e la seconda con un curioso che spia alle sue spalle, chi con S. Matteo, seduto, ispirato dall’angelo, in piedi dietro di lui, chi pensa che l’uomo in piedi sia il re David che detta al suo scriba le profezie della passione e resurrezione, chi ritiene che il personaggio seduto davanti a Davide sia Abaquq.

Dopo questi documenti medievali, due frammenti di archi gotici che imprigionano, in un bellissimo marmo rosato, angeli e motivi decorativi.
Del XV secolo il sarcofago di Monsignor Alessandro Manfredi e la “Testa di patrizio monopolitano”.
Infine il cinquecentesco cenotafio del Vescovo Fabio Pignatelli.

La cripta ha sotto di sé spazi e resti di architetture di epoche precedenti: tombe messapiche ed ellenistiche con reperti di grande interesse. Fra gli altri una straordinaria trozzella di bronzo, eccezionale perché realizzata in metallo e non in ceramica come tutte le altre finora ritrovate.

Continuazione ideale di questo discorso, la ricca collezione privata Brigida, recentemente donata alla Cattedrale. La raccolta, composta da numerosissimi reperti databili dal settimo al secondo secolo a.C., rinvenuti durante gli scavi effettuati nel territorio di Monopoli, ci fornisce elementi validi per la conoscenza e la ricostruzione della storia della nostra città.

Sono ora esposti in uno spazio della cripta destinato a tale uso oggetti di grande fascino come, solo per citarne alcuni, crateri a colonnette, a campana, a calice, trozzelle, coppe di tipo ionico, lekithoi, skiphoi, brocche, oinochoai, unguentari, ollette, anfore patere. E ancora: pelikai, idrie, askoi, arybolloi, pesi da telai, fuseruole, fibule. Testimonianze del passato ricche di magia evocativa, ci parlano delle origini, delle radici che legano l’uomo alla terra dove sono vissuti i suoi avi.

In uno spazio espositivo per mostre tematiche, infine, è possibile ammirare:
– la splendida croce miniata, appartenuta al Cardinale Marzati e donata alla Cattedrale dal senatore Luigi Russo. Realizzata nel 1500, su di essa sono state dipinte a mano su legno le rappresentazioni relative all’intera vita di Cristo: dall’annunciazione alla resurrezione (adesso custodita presso il Museo Diocesano);
– statue settecentesche di santi;
– reliquiari databili tra il 1600 e il 1700
– due capitelli ritrovati durante i lavori al porto di Monopoli, presso “Cala Batteria”.

INIZIATIVE

Queste scoperte sono state occasione e stimolo per coordinare varie iniziative di recupero architettonico, artistico e archeologico. Il progetto di “restauro e riuso del sistema di fortificazione urbano”, pensato come struttura unificante degli interventi di recupero delle emergenze monumentali collegate, prevede alle due estremità del tratto marino delle mura cittadine, la creazione del “polo museale religioso”, incentrato intorno al complesso monumentale della Cattedrale, e del “polo museale civile”, organizzato intorno al Castello.